“ U Purrazzo”, pianta, che fruttifica precocemente, molto nota nell'antichità, oggi dimenticata, era nella credenza agricola la premonitrice dell'abbondanza per l'annata in corso.
Il saggio antico vaticinava: “Quannu lu purrazzu purrazzia, la mennula minnulia, la fava si fa la via e lu frummentu si mazzia” ( Quando u purrazzu fiorisce bene, le mandorla avranno una ricca allegagione, le fave produrranno abbondanti frutti/baccelli ed il frumento fruttificherà spighe come maz
ze).
“U Purrazzo”, in dialetto siciliano, pianta che somiglia ad un giglio, appartiene alle famiglie delle “LILIACEAE”, in botanica “Asfodelo” mediterraneo, per i greci era un fiore legato al culto di Persefone, come ci racconta Omero nell'Odissea nel “Libro XI”, in cui Ulisse evoca gli spiriti dei defunti, e in quello “XXIV”, ultimo libro, nel prato degli Asfodeli.
Era una pianta nella quale ci si nutriva nei tempi di carestia come attesta Esiodo.
Sulla commestibilità del gambo e delle radici ne parla Teofrasto.
Plinio afferma che Pitagora andava ghiotto dei tuberi cucinati sotto le ceneri con l'aggiunta di sale e di olio.
Gli antichi greci erano soliti piantare “ u Purrazzo” sulle tombe di propri cari, così da poterne trovare il necessario nutrimento nell'aldilà.
Campobello di Mazara 20/02/2021
IL PRESIDENTE DELL'ARCHEOCLUB
ANTONINO GULOTTA
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